Pittore cileno. Conseguita la laurea in Architettura nel 1933, nello stesso anno
lasciò il Cile e si stabilì a Parigi, cuore pulsante di tutte le avanguardie. Nella
capitale francese, negli anni 1934-35 lavorò come disegnatore nello studio di Le Corbusier.
Nei due anni successivi entrò in contatto con Aalto, Gropius, Moholy-Nagy e Magritte.
Il 1937 fu un anno fondamentale per la sua formazione artistica: allestendo il padiglione
spagnolo all'Esposizione internazionale del surrealismo, conobbe Salvador Dalí e,
soprattutto, il "pontefice" del Surrealismo André Breton.
M. cominciò a
dipingere aderendo in pieno al movimento. Nelle sue prime opere,
intitolate
Morfologie psicologiche (1938-39), egli trasferì nella pittura
i procedimenti della scrittura automatica, sperimentando tecniche radicalmente nuove,
proprie della scrittura surrealista. Nasce così uno spazio informale, dove
metamorfiche forme fluttuanti si muovono sulla tela, tra bagliori e oscurità.
Con lo scoppio della guerra (1939), su consiglio di Marcel Duchamp,
M.
si trasferì insieme a Yves Tanguy a New York, dove diventò una sorta di
trait d'union fra il surrealismo e l'avanguardia nord-americana (quella che sarebbe sfociata
nell'Action Painting). Qui frequentò, tra gli altri, Baziotes, Pollock, Gorky e altri giovani
pittori della futura Scuola di New York, su cui avrà grande influenza. Insieme ad altri pittori
surrealisti che si trovavano negli Stati Uniti, tra cui Masson, Ernst, Tanguy e Breton,
diede vita alla rivista "VVV" (1942-44). Le opere di quel periodo appaiono tese a cogliere
uno spazio di tipo nuovo, non più limitato alle quattro dimensioni, ma aperto alle
dimensioni della coscienza e dell'immaginazione. Dopo la guerra, la riflessione
sui campi di concentramento e sulla tragedia collettiva ispirò a
M. opere di accorata denuncia (
I giocatori di cuori,
Rimorsi
dell'impossibile).
Nel 1948 partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia; l'incontro folgorante con
l'Italia lo convinse a lasciare l'America e a trasferirsi nel Bel Paese.
Qui continuò con il medesimo impegno, attento ai drammi della realtà sociale:
il processo di Rosemberg, la guerra del Vietnam, le torture in Algeria. Dopo aver vissuto
a Roma per qualche anno, si stabilì definitivamente a Tarquinia, paese etrusco con cui
instaurò un legame strettissimo, tanto che donò al comune numerose sue opere,
che resteranno esposte nell'aula consiliare del municipio, come lo sono state finora.
Grande sperimentatore, nelle sue opere
M. ricorse alle forme zoomorfe, perché
erano le uniche che gli permettessero un'architettura fantastica fuori da qualsiasi
codice o pittura tradizionale. I suoi sono animali inesistenti, figure primitive che
richiamano un mondo ancestrale e magico. La pittura di questo grande maestro del Novecento
è visionaria, oscillante tra la dinamica futurista e il mito popolare.
M. è
anche il pittore dei grandi murales, ricordo della sua terra d'origine, un'arte segnata
da un forte impegno politico. E a dimostrazione di questo impegno, già
evidente negli anni precedenti, nel 1974, per
solidarietà con Dario Fo e Franca Rame, dipinse la facciata della Palazzina Liberty di
Milano, sede della loro compagnia teatrale. Tra le sue opere ricordiamo:
Il prigioniero
della luce (1943, Parigi, Collezione privata),
Vertigine dell'eroe (1944,
New York, Museum of Modern Art) (Santiago del Cile 1911 - Civitavecchia 2002).